Aiuti Umanitari in Bangladesh - di Andrea Maiorella

Nel Novembre del 2007 il ciclone Sidr si abbatte sulle coste del Bangladesh con venti da 240Km/h, provocando 1100 vittime e mettendo in ginocchio un intero paese.
La macchina degli aiuti umanitari si mette in moto cercando di offire ai sopravvissuti acqua, cibo e medicine.

L'Ass. Umanista di Appoggio Umano "Quanti Einstein", é tra le associazione che ha offerto il proprio aiuto ed Andrea Maiorella ci ha regalato queste righe dove racconta la sua bella quanto dura esperienza.

Abbiate la volontá di dedicare un po' di tempo a questa lettura, ne vale la pena!
Riccardo

Resoconto della distribuzione di vestiti e cibo dopo il nubifragio in Bangladesh.


Cari amici non so se riusciró a trasmettere cose che, vi premetto, é difficilissimo esprimere con un semplice raccontino. Sono emozioni che si provano poche volte nella nostra vita, o almeno per quanto riguarda la mia vita non ho avuto mai un’emozione cosí forte e particolare come quella di ieri. Cercheró di fare del mio meglio per trasmettervi cosa hanno rappresentato per me queste ultime giornate.

Foto di Andrea Maiorella
Lo "zio" (Eracle il mio amico e compagno di viaggio da anni, i nostri amici bengalesi lo chiamano tutti "zio" oramai) essendosi preso una brutta influenza, ha pensato bene di prendersi un giorno di riposo. Influisce in questa decisione anche il fatto che, con i nostri in Bangladesh, si sa piú o meno quando si parte per un posto e non si sa mai quando si fa ritorno, chi ha avuto modo di conoscerli lo sa. Dopo una mezz’ora che lo zio se ne é tornato presso l’alloggio di Masud, ho visto arrivare un camion carico di sacchi pieni, con alla guida un bengalese ed al suo fianco seduto Pasha, una colonna del coordinamento bengalese, un ragazzo veramente eccezionale che vale la pena di incontrare almeno una volta nella vita.

Foto http://www.corriere.it/
Himel mi dice che sará meglio per me seguire il camion con un altro mezzo, ma io vedo molti dei nostri che sono giá saliti sul camion dalla parte posteriore e si sono sistemati alla meglio sul carico e siccome la cosa mi diverte gli faccio cenno che possiamo salire anche noi. Un viaggio molto divertente.
Durante la corsa alcuni cantano canzoni bengalesi, altri mi sorridono, chi fa foto, chi ascolta canzoni bengalesi dal suo cellulare. Un clima molto euforico ed energico. Ogni tanto qualcuno dalla parte anteriore, seduto sul tetto del posto di guida, grida qualcosa che sembra un:
"attenti agli alberi...!"
e tutti ci abbassiamo per non prendere in faccia i rami che passano sopra le nostre teste. Il tutto diventa un gioco a cui mi unisco piacevolmente ed ogni volta che passano gli alberi parte una specie di ola da stadio. Non dite che sono io che inizio perché non é vero. Si a dire la veritá anche questa volta c’é di mezzo la mia miglior parte nel far partire il casino ma che ha divertito tutta la truppa, tanto che Himel mi fa notare prima di scendere dal camion che andremo in zone dove ci sono state molte perdite umane, quindi mi chiede, almeno quando saremo lí, di cercare di osservare un certo rispetto. Condivido pienamente.

Foto http://www.corriere.it/


Siamo al porto e stiamo aspettando l’ok per imbarcare tutta la merce. Quando vedo su che tipo di "imbarcazione" porteremo tutta "quella robba" mi auguro che tutto vada bene. Si scattano intanto delle foto tutti insieme davanti al camion ancora carico con lo striscione arancione umanista fatto preparare apposta in questi giorni di raccolta fondi. Anche io mi metto all’opera a caricare i sacchi, malgrado i consigli di Himel e Masud che mi dicono di stare seduto all’ombra perché il sole picchia molto. C’é molto movimento di persone lungo la passerella del molo: lungo la strada che precede la passerella tutti i venditori delle bancarelle si sono fermati ad osservare le operazioni di imbarco della merce. Sono in tanti, come sempre. Questa presenza massiccia di questa gente in ogni angolo, in ogni vicolo di questo paese, in ogni attivitá che ti appresti a compiere. Questa sensazione di appartenere anche per una piccola parte, a questa cultura, di esserne entrato a far parte anche per un breve periodo e di portarsi con se anche in Italia questa sensazione forte di condivisione, di appartenenza. Qualcuno dei venditori ci porta una brocca di acqua sorridendo, fa molto caldo e il sole picchia sulle nostre teste senza sosta. Masud e Himel si dissetano e mi indicano di bere e di mettermi all’ombra per riposarmi un po’ ma io gli dico che sto bene e preferisco contribuire con il mio aiuto. Prendo la brocca e mi verso dell’acqua sulla testa e riprendo a muovermi.

Foto di Andrea Maiorella


Al piccolo molo ci sono altre barche di aiuti portati da ONG e un’imbarcazione di uomini vestiti di bianco con delle fascette al braccio e una donna anch’essa in uniforme. Hanno uno striscione giallo con scritte in bengoli e si stanno facendo le foto anche loro. I nostri mi spiegano che fanno parte di un’ONG che si sta occupando delle zone colpite e che loro sono un’equipe medica. Ho la sensazione che si sta muovendo in effetti una grande macchina di aiuti e mi sembra che il governo militare attuale in bangladesh stia facendo davvero tanto.
Durante la nostra attraversata passano in continuazione elicotteri sopra le nostre teste che continuano a rifornire le zone piú lontane. Attorno alla nostra imbarcazione a motore si vedono passare tronchi, arbusti, ceste, resti di capanne, pezzi di bambú ed altro. Vediamo anche galleggiare una mucca, ridotta pelle ed ossa e oramai bruciacchiata dal sole. Ci si guarda, si sorride forse per sdrammatizzare. Non so cosa pensare riguardo a quello che vedró. In che condizioni troveró questa gente.
Devo preoccuparmi? Non so é la prima volta che vivo un’esperienza di questo tipo.
Per me almeno, significa un’esperienza particolare essere venuto fino a qua. Non so se gli altri che sono con me su questa imbarcazione la vivono allo stesso modo. Mia madre sarebbe molto preoccupata per le condizioni ed il rischio di malattie delle zone dove stiamo andando. Penso che questo sará per molto tempo un bellissimo e significativo giorno nella mia vita.

Foto http://www.corriere.it/

Arriviamo nei pressi del primo villaggio. Mentre ci stiamo ancora avvicinando vedo bambini e tantissime donne che spuntano da tutte le parti. Diventano decine, centinaia, sono tantissimi.
Si cominciano ad accalcare sulla riva. Qualcuno fa per prendere una delle loro imbarcazioni per avvicinarsi a noi ma viene fermato.
C’é trambusto. Sono tanti. Sono tantissimi.
Lungo la riva del fiume interi alberi buttati giú e riversi nell’acqua. Alcuni sono alberi di banane, bambú altri sono vere e proprie querce, o alberi dal fusto grandissimo. Incredibile pensare ed immaginarsi una furia del genere ed un disastro cosí in cosi’ poco tempo.
Himel e masud sono preoccupati per me. Masud mi chiede di non scendere dalla barca assolutamente. Ma Himel vuole che scenda con lui. Mi raccomanda di stare vicino a lui e mi tiene per mano.


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Tra gli abitanti si é formato un gruppo che cerca di mantenere l’ordine. Alcuni armati di bastoncini cercano di tener lontana la gente ma soprattutto la moltitudine incredibile di bambini, che come un torrente in piena giungono da ogni angolo della piccola baia. Hanno anche un fischietto e cercano di contenere la folla di disperati. Mi sembrano quasi leoni chiusi in gabbia. Una scena che spero di non rivedere mai piú. Mi scendono due lacrime lungo le guance. Cerco di nascondere la mia inquietudine per non far agitare chi si é preso la responsabilitá di riportarmi intero a casa.
Himel mi dice di non avvicinarmi e di non toccare la gente. Sono a pochi passi da me.
Quelli che cercano di mantenere calma la massa di bambini e l’ordine nella distribuzione mi sorridono, controllano la folla di disperati dietro una specie di transenna fatta con il bambú. Dall’altra parte di quella linea di confine ci sono braccia che si tendono verso di me, ci sono facce di persone che chiedono aiuto, c’é gente che ha perso tutto in una notte.
Alcune donne mi guardano, parlano in bengoli urlando qualcosa. Immagino mi stiano raccontando cosa ne é stato della loro casa o dei loro cari. Dei bambini mi guardano con curiositá, cercando di avvicinarsi e di chiedermi qualcosa ma vengono respinti indietro.
Cosa rappresento per queste persone?
Per questa gente siamo la salvezza?
Siamo il gigante buono che puó trarli in salvo?
Cosa possiamo fare, evitando di cadere nel buonismo di una situazione davvero drammatica, cercando davvero di portare un velo di speranza a questa gente?
A pochi passi da me si sta consumando una tragedia. Posso toccarli con le mani e stringere le loro mani. A meno di un metro da me quei visi scavati dalla fame, quello sguardo disperato. E i bambini, tantissimi, incontenibili che gli uomini con il fischietto e il bastoncino prontamente respingono indietro per proteggermi.

Foto http://www.corriere.it/

Quando finiremo di vedere l’essere umano ridotto come ora in condizioni estreme?
Cosa risveglierá finalmente questo dio incatenato...?
Cerco di mettermi subito all’opera anche io. Giusto modo per mantenere anche io l’ordine nella mia testa con la folla inferocita dei miei pensieri che premono da dietro una transenna come quella gente.
Cominciamo questa catena umana formata dai nostri, da altri consigli del movimento umanista, da gente nuova della struttura di Masud.
Vedo Himel che si mette anche lui a contenere la gente e mantenere ordine nell’equa distribuzione del materiale.
Rashid, anche lui, cerca rispettosamente di rimandare indietro le donne che riescono a sfuggire alla catena di persone e si avvicina all’imbarcazione. Lo vedo spiegargli che per il bene di tutti é meglio che ritorni tra le file di persone che stanno aspettando la propria parte.
Qualcosa lo rende differente da come l’ho potuto conoscere in questi giorni. Anche Himel. Tutti siamo un po’ diversi da tutti gli altri giorni. Si appartiene a qualcosa di grande. Si avverte di far parte di qualcosa di grande, unico. Che quando l’essere umano unisce le sue forze niente ci puó fermare. Anche se stiamo soltando prestando soccorso in una situazione congiunturale. Anzi, forse proprio di fronte ad un forte bisogno di aiuto, si avverte maggiormente questa forza di insieme.


Foto http://www.corriere.it/

Mano mano che le provviste arrivano la calca si rilassa. Ora la gente viene lasciata passare anche se sempre sotto sorveglianza di chi cerca di mantenere la calma. Adesso scatto qualche foto. Prima, anche se sarebbero state immagini eloquenti non sono riuscito a scattare foto. Mi sembrava di fotografare gli animali in gabbia.
Si stabilisce una buona collaborazione anche con la gente del villaggio anche nelle altre due tappe successive. Si avverte una forza crescente nell’aria. Himel e Masud si preoccupano per me perché non mi sono fermato un attimo e mi dicono di mettermi all’ombra. In effetti c’era un caldo pazzesco ma non riuscivo a fermarmi. Mi andava di partecipare attivamente a questa esperienza. Ogni tanto quando mi andava mi fermavo mi bagnavo la testa e riiniziavo ma non mi sono mai sentito meglio di questa giornata.


Foto di Andrea Maiorella

Nei giorni successivi con Masud abbiamo finito di fare un ultimo giro in una delle zone colpite dove suo padre sta dando una mano per la risistemazione delle aree rurali. Questa volta abbiamo lasciato soldi invece di cibo e vestiti. Il coordinamento aveva lasciato a Masud circa 6000 taka in piú da distribuire nelle zone piú povere.
Nulla da dire, giornata molto nella norma, se non per l’urlo di quel vecchio con gli occhi umidi. Mi guarda dopo che abbiamo aperto la sua busta con il denaro. Due occhi profondi e sinceri. Il viso scavato come la maggior parte della sua gente. La barba lunga. Gli diamo il denaro e lui mi guarda profondamente commosso.
Nel silenzio di quella campagna stravolta dal ciclone si sentono le sue parole forti rieccheggiare con forza. Una forza come se volesse proteggermi con la sua voce. Masud mi guarda e mi traduce le parole del vecchio:
"Ha detto che ti ringrazia e che pregherá per te."
Lo abbraccio ma quel viso me lo sono portato con me in regalo, dentro il mio cuore. Dentro di me mi porto quelle parole urlate con commozione che hanno squarciato il silenzio per un istante, quegli occhi profondi e quella benedizione arrivata da qualcuno che soffre. E come dice Silo, quando quel poveraccio soffre é qualcosa di grande che invoca il cielo.

Spero di essere riuscito a darvi un’immagine luminosa di questa esperienza, nonostante la difficoltá nel tradurla in immagini. Vi abbraccio calorosamente.
Andrea

Altre informazioni interessanti:
  1. Portale ufficiale del governo del Bangladesh 
  2. Sul web dmoz.org troverete informazioni relative ad hotel Bangladesh, turismo in Bangladesh, lavoro in Bangladesch, ed altre attivitá
  3. Se siete interessati a leggere le bangladesh news potete visitare questo sito in lingua inglese
  4. Per prenotare un biglietto aereo con la bangladesh airlines visitate il loro sito web
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Un saluto
Riccardo Agostini per EmozioneAvventura

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